La Dn Pri e la relazione del segretario Nucara/Una soluzione europea e liberaldemocratica per un Paese in crisi

Uscire dal tunnel, costruire il futuro

Il documento della Direzione Nazionale Pri del 18 settembre 2012

La Direzione Nazionale repubblicana esprime un vivo apprezzamento per i recenti deliberati della BCE, che rappresentano una convinta ed efficace difesa dell'euro, come moneta di riferimento e di prospettiva dell'auspicata ed indispensabile evoluzione politica unitaria e federativa dell'Unione europea.

In quest'ottica, è evidente, si inserisce il sostegno e la fiducia espressi dalle istituzioni politiche, economiche e finanziarie americane ed internazionali. Qualunque lettura diversa dei provvedimenti della BCE, sia in un'ottica regionale (sostegno all'Italia ed alla Spagna), sia nella vana speranza della prospettiva di condivisione dei debiti sovrani a livello comunitario, rappresenterebbe una falsa illusione, densa di pericoli e di danni consistenti per gli impegni di risanamento del sistema economico del continente. Da ciò consegue che i Paesi periferici della U.E. devono, in un auspicabile quadro finanziario più equilibrato e più rasserenato, portare avanti con impegno, con convinzione e con determinazione i propri piani di risanamento del deficit e di riduzione del debito pubblico; nonché le riforme di struttura per conseguire il rilancio economico industriale e sociale delle rispettive nazioni.

Senza tali prospettive, non solo gli interventi individuati dalla BCE non avranno attuazione, ma tutto il sistema dei Paesi dell'area euro prima e dell'intero continente dopo verranno sospinti di nuovo nella prospettiva del default.

Con questa cornice di riferimento, la Direzione Nazionale del Pri esprime il proprio apprezzamento e sostegno per l'operato del presidente Monti, che è stato attore certamente incisivo e costruttivo degli eventi che hanno consentito la definizione dei provvedimenti individuati e definiti dalla BCE, e del successivo forte sostegno politico di tutti i Paesi dell'U.E.

Con altrettanta chiarezza e determinazione, i repubblicani ricordano agli italiani ed alle forze politiche nazionali che la crisi che ha investito l'Italia e che ha rischiato di travolgere il nostro sistema democratico e sociale è ancora in atto, ed è profonda. Come di recente ha ricordato il presidente Monti, l'Italia "ha schivato il precipizio".

La Direzione repubblicana ricorda, infatti, che il gap del nostro Paese rispetto alla Germania, come valutato recentemente dal governatore della Banca d'Italia Visco, comporterebbe, comunque, uno spread di circa 200 punti (maggiori oneri finanziari del 2% sui nostri tassi di interessi passivi), che sono un'enormità per le conseguenze nefaste che continuerebbero a riversarsi, in un contesto globalizzato e fortemente competitivo, sul nostro sistema finanziario, economico, e produttivo,nonché per le ricadute sul bilancio dello Stato, sulla competitività e quindi sullo sviluppo e l'occupazione. E' tanta la strada che ancora deve percorrere l'Italia per riprendere con credibilità e prestigio il suo ruolo di Paese moderno e sviluppato in un'Europa unita e più forte. Il governo Monti, con i provvedimenti definiti in questi 10 mesi, ha fermato il Paese sull'orlo del precipizio; ha anche indicato una strada da percorrere per una prospettiva credibile e positiva. Certamente non ha potuto (e non potrà, nel breve tempo ancora a sua disposizione) dare la risposta risolutiva e complessiva.

La Direzione Nazionale del Pri ritiene che la questione politica fondamentale riguarda la crisi dei partiti, troppo preoccupati delle loro vicende interne, e la probabile scomposizione e ricomposizione dei tre poli che hanno caratterizzato gli ultimi anni di vita politica.

La stanchezza ed i ritardi della politica, così com'è stata vissuta in quest'ultimo decennio, sta facendo nascere nuovi movimenti e partiti, più o meno attendibili, che tentano di far presa su un'opinione pubblica smarrita, con proposte spesso populiste, che difficilmente si possono coniugare con il vincolo del pareggio di bilancio.

La Direzione Nazionale rileva che è in atto un tentativo di creare un'artificiosa, generica e demagogica contrapposizione fra vecchio e nuovo, senza invece un reale confronto su contenuti e progetti. Per i repubblicani, dunque, è necessario attivare con linguaggio nuovo e contenuti programmatici efficaci non solo l'agenda Monti, certamente rilevante, ma anche un reale rinnovamento della struttura stessa dell'azione politica italiana. A cominciare da un richiamo forte al senso dello Stato, inteso come coesione morale e sociale del paese, in previsione anche del pericolo di rinascita di movimenti localistici, che oggi si trincerano dietro le richieste di macro regioni del Nord e di rivendicazioni neo separatiste al sud.

L'Agenda Monti, aggiornata per gli aspetti della crescita e dell'equità, rappresenta per il Pri una sicura ed incisiva base programmatica. Essa si potrebbe completare, sul piano istituzionale, con la proposta di elezione di una assemblea costituente, per rifondare efficacemente lo Stato italiano. Va però subito chiarito che l'aspetto istituzionale non è la causa principale della crisi attuale del paese, le cui più profonde radici affondano nei riferimenti politici e programmatici.

Anche le parti sociali manifestano un forte ritardo culturale nel comprendere l'urgenza e la necessità di una politica di ampie e profonde riforme.

La Direzione Nazionale del Pri conseguentemente, conscia della drammatica situazione sociale dell'Italia, indica una proposta politico-programmatica adeguata ed idonea alla situazione in essere della nazione, che dovrà avere come impegno di governo i contenuti della cosiddetta agenda Monti,integrati con le riflessioni espresse nelle tesi programmatiche repubblicane; da mettere in atto attraverso un esecutivo a guida Monti, scaturito da un chiaro e vincolante mandato elettorale, che abbia come base parlamentare tutti i partiti che si riconoscono esplicitamente ed elettoralmente in tali formulazioni.

In sostanza, quindi, non più un governo tecnico, bensì un governo politico con due chiari ed imprescindibili obiettivi: stabilizzazione strutturale e definitiva della finanza pubblica, competitività e crescita.

La Direzione Nazionale, infine, riafferma l'impegno assoluto del Pri per realizzare una costituente repubblicana, liberal-democratica, che deve rappresentare un significativo ed importante evento del rinnovamento del quadro politico nazionale. Non vi è dubbio, infatti, che, mentre le forze politiche hanno sostanzialmente finito per imboccare una direzione sterile ed angusta, il progetto di una costituente liberal-democratica, sorretto anche dalla concretezza e dalla efficacia dei contributi programmatici elaborati dal Pri sin dal 2007, e per le profonde ispirazioni culturali e ideali che lo sostengono, può fornire un'alternativa a tutti coloro che vivono con disagio la situazione in atto.

Il Pri vuole condividere questo impegno con quanti (partiti, movimenti, organizzazioni sociali e culturali) si muovono nella stessa prospettiva, portando il contributo delle sue analisi e delle sue elaborazioni, in termini di leale collaborazione e di corretta collegialità, all'obiettivo comune di realizzazione del progetto.

In tale prospettiva, la Direzione sollecita ed auspica un massiccio coinvolgimento di tutti gli iscritti, per la felice riuscita, alle propedeutiche manifestazioni territoriali, programmate nella recente riunione dei segretari regionali del partito, che dovranno tradursi nell'inizio del dialogo con tutte le altre forze interessate ad un progetto liberal-democratico.

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La relazione del Segretario nazionale Francesco Nucara alla Direzione Nazionale Pri del 18 settembre 2012

La realtà in cui siamo costretti ad agire non è affatto semplice e, come più volte affermato, dobbiamo anticipare quei contenuti che riteniamo fondamentali per la salvaguardia dei valori democratici che spesso, troppo spesso, vengono messi in discussione dagli stessi soggetti che dovrebbero indicare la strada del risanamento e dello sviluppo. Noi ci troviamo nella necessità di puntualizzare il nostro progetto, senza voli pindarici, con il quale intendiamo presentare il Partito repubblicano come viva forza interlocutrice con quanti vorranno insieme a noi rifondare e rafforzare i vincoli democratici che ci legano alla Repubblica.

Abbiamo, con grande preveggenza sulle altre forze politiche, indicato Mario Monti quale unico soggetto in grado di fare uscire il Paese dalla grave crisi che lo ha colpito. Crisi interna e internazionale. Rispetto a quest’ultimo aspetto si può affermare con grande serenità che il lavoro del governo Monti abbia raggiunto l’obiettivo. Dobbiamo riconoscere che l’Italia è tornata ad essere, sia sul piano europeo che internazionale, un interlocutore credibile.

Siamo oggi al centro del dibattito europeo, anche se molto dovremo ancora fare per stabilizzare il giudizio positivo espresso dall’opinione internazionale sulla nostra politica di risanamento e rilancio.

Due italiani oggi, Draghi e Monti, si trovano ai vertici delle decisioni da prendere e già in parte fatte proprie dall’eurozona. La BCE ha assunto quel ruolo attivo che auspicavamo in difesa dell’euro quale moneta di riferimento in una prospettiva europea in cui l’evoluzione politica dell’Unione auspicata di recente dal Commissario Barroso, seppur accolta senza entusiasmi dal Parlamento europeo, è l’unica strada da intraprendere con decisione.

Ritengo che il progetto federale con organismi unici di riferimento per tutte le Nazioni europee in campo economico, in politica estera, in politica di difesa e in politica dell’istruzione e del lavoro, siano non solo indispensabili ma irrinunciabili se vogliamo dare un senso all’appartenenza europea. Dovremo accettare che parte della nostra sovranità nazionale, peraltro sotto alcuni aspetti già realizzata, dovrà essere trasfusa negli organismi europei e a questo dobbiamo prepararci ancor prima che la discussione si avvii su questo terreno. La disponibilità della Germania dovrà essere verificata nonostante l’apertura della Cancelliera Merkel, così come altre disponibilità dovranno essere verificate affinché la costruzione dell’Europa nasca dalla convinzione dei governi e dei popoli, al di fuori di meccanismi compromissori che porterebbero ad altra, forse più grave, battuta d’arresto, come quella che abbiamo vissuto sul Trattato di Lisbona.

Queste preoccupazioni sono presenti nella politica del Governo e non possiamo non collaborare attivamente per realizzare quanto in quest’ultimo anno è stato compiuto. E’ un compito questo che non spetta solo al governo; ritengo che come forza riformatrice liberaldemocratica noi, da soli o insieme ad altre forze politiche italiane, dobbiamo assumere tutte le iniziative che ci portino ad un confronto serrato in sede europea. Forti della nostra tradizione, sono convinto che una nostra iniziativa in tal senso potrà essere condivisa da altri partiti europei.

Il quadro internazionale di questi ultimi giorni ci preoccupa e ritengo che l’Europa debba essere maggiormente presente sullo scenario internazionale con un’unica voce e un unico impegno. Ciò significa che dovranno essere avviate consultazioni per meglio precisare il ruolo europeo nella lotta al terrorismo e riformulare la presenza armata sullo scacchiere mediorientale e afghano.

Non illudiamoci, amici, che soluzioni approssimative che si accavallano su errori da noi tutti commessi possano trovare uno sbocco pacifico in queste aree. Non mi dilungo su questo tema internazionale, che credo dovrà essere calendarizzato in una riunione della Direzione ad esso dedicata. Credo che da un serio approfondimento si possa delineare una politica repubblicana in grado di proporsi innovativamente anche su questo terreno. Questo è l’altro aspetto non secondario del nostro progetto liberaldemocratico.

Ma andiamo per ordine. Torniamo alla politica interna e al Governo Monti. Ci sono due aspetti da prendere in considerazione: uno nazionale e uno interno al nostro partito.

Parto dal secondo per far meglio comprendere il primo.

Stimolo

Noi siamo stati accusati di essere una costola del berlusconismo e che da questo rapporto sia stato snaturato il ruolo del Pri. Tesi che rifiuto e contesto in quanto il Pri, alleato con il PdL, ha sempre svolto un ruolo di stimolo e non con pochi distinguo. La scelta venne fatta in base alla convinzione che le allora forze di sinistra non avrebbero garantito una diversa apertura all’economia di mercato e avrebbero arrecato non poca confusione sul piano delle liberalizzazioni e privatizzazioni necessarie al Paese. Se tale era la nostra convinzione, peraltro suffragata da reali episodi nelle diverse stagioni di alternanza governativa, non possiamo affermare che i governi di centro destra abbiano raggiunto l’obiettivo che ci eravamo prefissi. La nostra storica correttezza, che nasce principalmente dal sistema elettorale, ci imponeva di partecipare ad una coalizione che non sempre è stata all’altezza delle premesse e promesse politiche.

Oggi ci poniamo una domanda: è finita la stagione della correttezza? Penso che si sia aperta, grazie a Monti, senza scordarci la disponibilità offerta da Berlusconi per questo nuovo quadro politico, una stagione in cui tutte le forze politiche dovranno ripensare al proprio ruolo e ad alleanze più dialettiche e propositive. Dobbiamo aspettare ancora qualche tempo per vedere se la nuova legge elettorale ci riposizionerà in un quadro di autonoma partecipazione o dovremo avviare diverse e più complesse strategie. Comunque ritengo che la strada percorsa in questi ultimi anni non sia più percorribile e che qualora la destra italiana arriverà a soluzioni più confacenti al nostro pensiero, la nostra partecipazione dovrà essere attentamente valutata. Lo stesso scenario lo abbiamo a sinistra: l’evoluzione del Pd non è ancora arrivata ad una definitiva e chiara posizione dialettica con le forze riformatrici, nel cui ambito è collocato il Pri.

Salto di qualità

Su molti temi non convergiamo né con la destra né con la sinistra, non per posizione polemica ma perché riteniamo che debbano entrambe le formazioni fare un salto di qualità sui temi a noi cari: istruzione, sanità, lavoro, sviluppo industriale, rapporto democratico all’interno delle istituzioni, nel cui quadro vanno collocate le nostre proposte di riforma dei partiti politici.

Abbiamo assistito in questi ultimi due anni a diverse trasformazioni e spesso molti amici hanno creduto di poterne cavalcare lo sviluppo. Così non è stato. Il Terzo Polo si è dissolto al sole, la foto di Vasto si è ingiallita e altri populismi si sono affacciati, oltre a quello ben noto dell’onorevole Di Pietro.

Siamo in una fase di grande fermento e non giudico negativamente alcuna iniziativa che possa far maturare uno scenario liberaldemocratico che noi con decisione cerchiamo di affermare.

Nessuno è passibile di critiche sino a quando non arriverà a scelte che non condividiamo o non condivideremo. Vi è ancora molto lavoro da svolgere e dovremo analizzare tutte le posizioni che al momento possono apparire confuse e lontane dalla nostra impostazione ma che, credo, entro il mese di novembre, andranno a definirsi, come quella recente assunta da Montezemolo, in contrasto, vero o falso, con altra parte del mondo industriale rappresentato da Della Valle o dalla Marcegaglia.

Noi dobbiamo proporre un nostro schema di gioco, che io individuo nel nostro progetto liberaldemocratico e che ribadirò a chiusura di questa mia breve introduzione.

Lo scenario che poc’anzi ho descritto è il frutto del fallimento della politica. Dirò di più: il fallimento delle vecchie formazioni politiche, nate già vecchie all’indomani di Tangentopoli.

Fallimento

Se le idee potevano affascinare, la realizzazione delle stesse, soprattutto sul versante economico, ha rappresentato un totale fallimento, emarginando in questi vent’anni quella generazione che avrebbe dovuto divenire l’ossatura della nuova società. Abbiamo penalizzato milioni di giovani, dissipato risorse e ridimensionato quel mondo del lavoro e imprenditoriale che è sempre stato la vera ricchezza della nazione. Scelte che non possono non essere condannate con forza e noi lo possiamo fare, in quanto, pur partecipando alla vita democratica, abbiamo sempre messo in guardia i nostri interlocutori dai pericoli che correvamo attuandole.

Non abbiamo taciuto nemmeno quando Marchionne propose Fabbrica Italia. La proposta era sull’onda dei successi americani, non certamente derivata da una attenta analisi della crisi economica mondiale e dell’auto in particolare.

Non definiamo il passo indietro di Marchionne una presa in giro nei confronti dei lavoratori, ma sottolineiamo l’inadeguatezza del ruolo svolto da Marchionne in questi anni. La Fiat è responsabile di tante scelte economiche sbagliate che abbiamo dovuto subire nei decenni, ma non è la sola. Se dobbiamo difendere i lavoratori dell’Alcoa o delle altre 145 aziende in crisi, non possiamo difenderli allargando i buchi neri delle crisi in cui versano le loro aziende; dobbiamo offrire soluzioni che consentano una riconversione dei lavoratori e/o accordi trasparenti con quanti dimostreranno l’intenzione di rilevarle. Mi riferisco anche alla Fiat, se è vera la proposta avanzata da Wolkswagen sul marchio Alfa Romeo e su uno stabilimento.

Certo che quanto stiamo vivendo dimostra l’assoluta mancanza di un piano di sviluppo industriale e, se non ci affrettiamo a discutere con il mondo industriale i limiti dell’attuale situazione e il ruolo che potranno assumere le aziende italiane nel contesto europeo e internazionale, a poco servirà lo sforzo di Mario Monti sul risanamento e sullo sviluppo.

Mi auguro che anche le forze sindacali abbiano la capacità di fare quel salto di qualità richiesto ai partiti politici e che possano svolgere quel ruolo d’avanguardia nell’interesse dei lavoratori già occupati e di quelli in attesa di occupazione. Questo ruolo dovrà vedere le forze sindacali a una diversa stagione contrattuale e aprire la strada a una partecipazione diretta dei lavoratori alle rispettive aziende. Solo questa strada potrà risolvere problemi sociali gravi e favorire diversamente anche il ruolo dei lavoratori, avviando una riflessione sulla attualità della legge Marcora e sulle finalità raggiunte dall’ultimo piano industriale, verificando la legittimità dei finanziamenti e il loro uso.

Siamo in attesa di conoscere meglio le proposte per la crescita, una cosa però possiamo già rilevarla: i tempi sono stretti e la disponibilità finanziaria non mi sembra elevata. Per questo sostengo che quanto dichiarato dal Ministro Passera sulla mole dei finanziamenti pone il dubbio se questi debbano seguire un piano in grado di far ripartire tutta l’economia offrendo al Mezzogiorno una seria politica di sviluppo e di innovazione.

Non credo che Mario Monti, stando alle ultime dichiarazioni, scioglierà la riserva di rimanere in politica come Capo del Governo, se la litigiosità delle forze politiche che ora l’appoggiano dovesse riprendere nella prossima legislatura. Non sappiamo né cosa farà Monti né quale sarà la legge elettorale da cui dovranno sorgere la nuova legislatura e la nuova classe politica.

Possiamo affermare però, insieme a Monti, che il metodo introdotto non potrà essere sconvolto.

Risanamento e crescita, vincoli internazionali e snellimento delle procedure interne caratterizzeranno anche la prossima legislatura, pena dover ricorrere a quel meccanismo Salva Stati che non avrà, per i vincoli imposti dalla Germania, grandi risorse da destinarci, soprattutto se nel frattempo vi ricorreranno Irlanda, Spagna e Portogallo.

Un metodo

Il metodo Monti rispecchia la politica del Partito repubblicano, che ha caratterizzato la sua storia e che non intendiamo interrompere per convenienze di parte.

Questo metodo è trasfuso nel nostro progetto liberaldemocratico, perché è un aspetto irrinunciabile per una forza che vuole cambiare profondamente la società.

E veniamo all’ultimo tema: il progetto liberaldemocratico.

Voglio, innanzitutto, ringraziare l’amica Sbarbati per l’impegno profuso e tutti i segretari regionali che si sono dichiarati impegnati a realizzare manifestazioni regionali sul tema in preparazione della Manifestazione nazionale.

E’ importante quello che stiamo costruendo, soprattutto partendo dalle province e dalle regioni. Il partito inizia a muoversi sul territorio facendo conoscere all’opinione pubblica un progetto nel quale quanti già ci apprezzano si riconosceranno, e ciò non è poco a sei mesi dalle elezioni politiche.

Oltre a quanto da me scritto e pubblicato sulla "Voce Repubblicana" il 7 luglio u.s., e anche oggi, voglio solo, per avviare il dibattito, soffermarmi su tre aspetti che ritengo importanti per fare chiarezza programmatica su un progetto che ora richiede concretezza nelle proposte:

-Crescita e sviluppo

-Riforme istituzionali con preciso riferimento al quadro costituzionale

-Rafforzamento del ruolo del cittadino e dei suoi diritti e doveri.

Questi tre aspetti dovranno caratterizzare la nostra proposta, in base alla quale coinvolgere tutte le forze democratiche sensibili a questi temi, che a mio avviso proietteranno la società italiana, concretamente, nell’orbita delle società democratiche, per definire, insieme a queste, il futuro modello di una società che dovrà misurarsi con i processi globali e che richiede un diverso ruolo dello Stato nazionale in armonia con quanto verrà a delinearsi in sede europea.

Francesco Nucara